Antologia: lezioni digitali interattive
L’arte degli Etruschi. La lezione digitale
La civiltà etrusca si sviluppò dal IX sec. a.C. nella regione compresa tra i fiumi Arno e Tevere, in continuità con la cultura villanoviana. Dagli ultimi decenni del VII sec. a.C. gli Etruschi estesero la loro influenza nel Lazio, in Campania e oltre il Po. La stessa Roma, dove dal 616 a.C. si sarebbe insediata la dinastia etrusca dei re Tarquini, subì l’influenza culturale di questa civiltà.
C’è un’aura di mistero che da sempre avvolge la civiltà etrusca: a lungo si è pensato che provenissero dall’Oriente, accreditando l’ipotesi del greco Erodoto (V sec a.C.). In realtà, essi si sono evoluti nel contesto delle culture della penisola, accogliendo, sia nella lingua che nell’arte, apporti greci, orientali e italici, fino a poi ottenere una piena autonomia.
Chiarirsi le idee. Un linguaggio figurativo concreto ed espressivo
L’arte etrusca, pur nella commistione di stili da cui si fece influenzare, si caratterizzò per un linguaggio realista, immediato ed espressivo. Tendeva alla ripetizione di forme stilizzate, con composizioni talvolta disorganiche. Nell’arte degli Etruschi, quindi, non si trovano gli intenti teorici di quella greca, ma la produzione di dipinti e manufatti resta vincolata a formule ricorrenti e alla memoria di tecniche consolidate. Sono assenti anche la ricerca psicologica e l’attenzione per le emozioni individuali, ma viene trasmessa potentemente una visione cupa della morte.
Gli Etruschi furono abili produttori di piccoli oggetti, distinguendosi nella lavorazione dei metalli (ferro, rame, oro), nella fusione del bronzo e nell’invenzione del bucchero per la produzione di vasi dalla superficie nera lucida. L’arte etrusca ebbe massima fioritura attorno al VI sec. a.C., quando entrò in contatto con le colonie ioniche della Magna Grecia.Fai il punto sull'arte degli Etruschi con la presentazione multimediale.
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Dentro l'opera. La Chimera di Arezzo
La Chimera fu ritrovata ad Arezzo nel 1553 durante la costruzione delle fortificazioni medicee, e portata a Firenze, dove entrò a far parte della collezione di Cosimo de’ Medici. Fu restaurata due volte: all’intervento rinascimentale va riferita la ricomposizione delle zampe di sinistra dell’animale, mentre a quello neoclassico la ricostruzione e il posizionamento della coda. L’animale mitologico è raffigurato in posizione d’attacco, colto in un momento di forte tensione e dinamismo. È un’opera emblematica della capacità etrusca nella lavorazione del bronzo, tanto da connotarla di un’incredibile accentuazione espressiva.
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